La grinta delle leonesse azzurre

     

Paola
Paola Forlani
    
nazionale femminile
La nazionale Vittoriosa nel 2015

A tu per tu con Paola Forlani, colonna della nazionale italiana femminile di calcio da tavolo - subbuteo  e recentemente nominata dalla Fisct (Federazione Italiana Sport Calcio tavolo), capitano della formazione azzurra che dovrà difendere a Frameries (Belgio), nel week end del 3 e 4 settembre 2016, il titolo conquistato lo scorso anno a San Benedetto. La campionessa dello Stella Artois (che guiderà una sestetto di cui faranno parte anche Helene Boniface, Giulia Brillantino, Eleonora Buttitta, Giuditta Lo Cascio e Sara Guercia) racconta a italiasubbuteo le sue emozioni in azzurro e il suo rapporto con il subbuteo

Paola, proviamo a rivivere le emozioni dello scorso anno al Mondiale di San Benedetto del Tronto.

A San Benedetto l’anno scorso è successo ciò che si pensava non potesse succedere mai. Per la prima volta nella storia abbiamo battuto il Belgio. È stato un susseguirsi di emozioni forti. L’impresa di Eleonora, le lacrime di Giulia, l’euforia di Valentina. Tutto si ripropone nella mia testa come le scene di un film. Davvero un bel momento.

Quest’anno siete chiamate a difendere il titolo, e in casa delle vostre principali avversarie. Tra l’altro, toccherà a te fare le scelte. Quali sono le tue impressioni, in proposito?

Ammetto che il ruolo datomi dalla federazione da una parte mi onora, ma dall’altra mi responsabilizza molto. Una bella sfida, penso che dovremo andare in Belgio con umiltà e senza pensare di essere le prime della classe. Loro avranno un grande desiderio di rivincita e questo per noi dovrà diventare uno stimolo e non un timore. Comunque io non sottovaluterei neanche la Francia, che potrà avere il ruolo di terzo incomodo, con meno attenzioni e stress di noi e del Belgio.

E nella categoria individuale, da chi dovrete guardarvi principalmente? Solo dalle ragazze belghe?

Le ragazze belghe restano ancora le più temibili, avendo “in dotazione” la Dieudonne, mostro sacro ed esempio storico per tutto il movimento femminile. E la numero uno del ranking, Emile Despretz, che non è per caso in quella posizione. Ma anche nell’individuale direi occhio alle francesi, in particolare a Margot Diradourian, enfant prodigie di qualche anno fa, ma anche Audrey Herbaut e l’eterna Françoise Guyot, mai da sottovalutare. Non dimentichiamo Trisha Baumeler, sempre ad alti livelli. Per cui belghe sì, ma non solo.

Il tuo club, lo Stella Artois, è uno dei sodalizi storici del calcio da tavolo italiano. Quale atmosfera si respira al suo interno?

Sono entrata nello Stella quattro anni fa ed ancora oggi lo ritengo un onore. La sensazione è quella di una famiglia. I vari giocatori che ne fanno parte sono molto diversi tra loro, ma riescono a formare un gruppo affiatatissimo, come una grande orchestra. Ascoltando poi i racconti di Gianluca e di Stefano, si sente come il club abbia attraversato da protagonista tutte le varie epoche del calcio da tavolo moderno, con momenti difficili e momenti esaltanti.

Parliamo un po’ di te. Quando hai iniziato a giocare e cosa rappresenta oggi per te il subbuteo?

Il mio fidanzato giocava una ventina di anni fa nel club di Bergamo, essendo rimasto in contatto con alcuni giocatori attuali (Bruno ed Efrem su tutti), mi ha fatto conoscere l’ambiente agonistico una decina di anni orsono. Io sapevo a malapena dell’esistenza di questo gioco, ma, una volta provato, me ne sono innamorata. Ho capito che alla maggioranza dei giocatori questo capita nella preadolescenza, a me è capitato a vent’anni. Ovviamente quando ho cominciato non avrei mai pensato di proseguire con tale passione e men che meno di raggiungere anche dei risultati, invece da cosa nasce cosa e sono arrivati anche quelli. Peccato non aver conosciuto prima questo mondo!

Come valuti l’attuale situazione del calcio da tavolo femminile in Italia? Pensi che la Federazione possa fare qualcosa di più? Ritieni che il numero delle atlete tesserate possa crescere ulteriormente?

L’argomento è difficile da affrontare. In linea di massima, il fascino di questo gioco ha meno impatto su una donna, che in media ha meno familiarità col calcio. Non saprei dire cosa potrebbe fare la federazione per incrementare l’attenzione al movimento femminile; sicuramente i vari COL organizzatori potrebbero prenderci un po’ più in considerazione e non farci sempre giocare sul campo 137, facendoci arbitrare dall’ultimo arrivato, ma anche qui devo ammettere che le cose stanno migliorando. Finalmente abbiamo un movimento, in Italia, che è fatto di giocatrici vere e proprie e non di fidanzate al seguito che si cimentano per diletto, e questo è un bene. Sul numero si può solo sperare.

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